Chi prendere come esempio se non Lorenzo Cortesia, un campione del volley che incarna i valori e le sfide degli atleti di alto livello contemporanei.
Nato nel 1999 a Treviso, Lorenzo Cortesia si è rapidamente affermato come uno dei talenti più promettenti del volley italiano. La sua carriera è il risultato di anni di allenamento rigoroso, un'alimentazione ben calibrata, e una forte disciplina mentale. Come molti altri atleti professionisti, Cortesia sa che essere un atleta professionista oggi significa combinare talento, lavoro duro, e una continua evoluzione personale e professionale. Lorenzo Cortesia rappresenta perfettamente questa nuova generazione di sportivi, mostrando come impegno e passione possano portare a risultati straordinari.
Cosa significa per te indossare la maglia della nazionale italiana e rappresentare il tuo Paese nel mondo della pallavolo?
Quando inizi a giocare, l'obiettivo cresce anno dopo anno. Ogni estate, il traguardo principale è vestire la maglia della nazionale, che rappresenta il massimo orgoglio e una grande emozione. Non è mai qualcosa di scontato o dovuto; esserci è l'obiettivo più grande. La nazionale italiana è sempre vista con grande rispetto dalle altre squadre di tutto il mondo, poiché l'Italia è un riferimento importante sia a livello culturale che sportivo, in tutto il mondo. Essere parte di questa tradizione è motivo di grande orgoglio.
Quali sono stati i sacrifici più grandi che hai dovuto affrontare per arrivare a giocare a questi livelli sia in serie A1 che con la nazionale?
Il sacrificio più grande, a livello personale, non è tanto l'allenamento quotidiano, ma è stato lasciare casa molto presto ed essere impegnati ogni estate sin dall'età di 14 anni. Il primo anno è stato molto traumatico. Essere in una bolla e distante dagli affetti, senza avere tempo da dedicare alla famiglia e agli amici, è stato il sacrificio più difficile da affrontare.
C'è stato un momento specifico in cui hai realizzato che la pallavolo sarebbe diventata una parte così importante della tua vita?
Tra il quarto e il quinto anno delle superiori, lasciare Treviso per andare a vivere a Roma è stato un momento cruciale. In quel periodo ho realizzato che stavo perseguendo la pallavolo non solo come una passione, ma come una vera e propria carriera. La routine quotidiana di scuola e pallavolo si è trasformata in un impegno a tempo pieno, segnando la strada che avrei seguito al 100%.
Quali sono le emozioni che provi prima di una partita importante, sia in campionato che in competizioni internazionali con la nazionale?
Le emozioni pre-partita sono un mix di adrenalina e tensione. Non riesco mai a dormire bene la notte prima della partita e spesso ho difficoltà a riposare anche il pomeriggio. Vivo l'attesa della partita con grande intensità, sentendola molto prima che inizi. C'è sempre un misto di voglia di fare bene che varia in base alla partita che devo affrontare, e spesso vorrei che la partita arrivasse subito. Prepararsi tutta la settimana per poi vivere quel momento è un'esperienza unica, con l'adrenalina che si trasforma in prestazione sul campo.
Puoi raccontarci un episodio particolarmente significativo della tua carriera con la nazionale italiana?
L'Europeo è arrivato in un momento inaspettato, dopo un anno a Trento in cui ho giocato poco. La chiamata in nazionale è stata molto importante. Partecipare all'Europeo a 21 anni, in un gruppo appena riformato e super giovane, è stata un'emozione crescente. Ci ho messo settimane intere a realizzare completamente l'esperienza, che è stata davvero intensa e duratura.
Quali sono state le vittorie più gratificanti per te finora e cosa hanno significato per te personalmente e per la squadra?
Non c'è un momento particolare, ma le sensazioni più forti derivano dai palazzetti pieni e dal calore del pubblico prima delle partite importanti. Sentire la passione del pubblico è una delle cose più belle per uno sportivo. Quando vinci certe partite in campionato, senti davvero il supporto della gente, che è un'esperienza unica. Con Verona, ci siamo sempre fermati ai quarti di finale, ma ogni anno il percorso è stato molto sentito e cerchiamo sempre di migliorare.
Come riesci a bilanciare la vita personale con gli impegni di un atleta professionista, considerando allenamenti, partite e trasferte?
Durante la regular season è più facile conciliare la vita privata, grazie a un ritmo costante e una routine piuttosto equilibrata. Questo permette una buona organizzazione della vita quotidiana, anche se non è mai possibile fare chissà cosa. In estate, invece, è abbastanza complicato perché non c'è mai certezza sugli impegni: sei sempre un po' in un limbo, sapendo quando parti ma non quando torni, o se torni.
Chi sono stati i tuoi modelli di ispirazione nel mondo della pallavolo e in che modo ti hanno influenzato?
Da piccolo sognavo di fare lo sportivo e inizialmente volevo giocare a calcio. Non avevo un idolo in particolare, ho trovato ispirazione in vari modelli. Un giocatore che mi ha ispirato molto è Marko Podraskanin, con cui ho giocato a Trento. Fisicamente era molto simile a me ed è una persona a cui mi ispiro per la sua costanza ed equilibrio, mantenuti per 15 anni nel corso della sua carriera. Ha vinto la Champions League con Trento e, a 37 anni, continua a essere un grande giocatore e soprattutto un grande esempio. Al di fuori della pallavolo, Michael Jordan e altri grandi sportivi sono stati sicuramente fonte di ammirazione.
Quali sono gli obiettivi che ti poni per il futuro, sia a livello di club che con la nazionale?
Il mio obiettivo futuro con Verona è vincere qualcosa, avendo visto il club nascere e crescere anno dopo anno. Sono molto affezionato alla città e al pubblico, e vincere con la maglia giallo-blu sarebbe un traguardo significativo. A livello personale, l'obiettivo principale è partecipare alle Olimpiadi, che considero il massimo traguardo possibile.
Che consigli daresti ai giovani che aspirano a seguire una carriera nel mondo della pallavolo?
Il consiglio principale è prendere lo sport come un gioco all'inizio, perché è fondamentale sentire piacere nell'andare in palestra ogni giorno. Fare lo sportivo professionista è un privilegio, non un lavoro duro, e senza passione è difficile fare una carriera lunga. Bisogna vivere giorno per giorno, senza pensare troppo al futuro, perché i risultati arrivano come conseguenza dell'impegno quotidiano. A 15 anni non immaginavo di arrivare dove sono ora; ogni anno è stato un traguardo costante. La passione rende più facile fare i sacrifici necessari, come spostarsi, staccarsi dalla famiglia e rinunciare alle uscite serali. Divertirsi è essenziale!