ok alessia gazzola 2021, ph yuma martellanz-3565

Alessia Gazzola: L'autrice bestseller siciliana

Nata sulle rive dello Stretto di Messina, terra di storie incredibili come quella di Scilla e Cariddi o ancora, del poetico eroe Colapesce, Alessia Gazzola scrive oggi romanzi di successo dalla sua città d’adozione, l’elegante Verona.

Conosciuta fin dal suo esordio per il best seller L’allieva, a cui sono seguiti altri otto romanzi, Alessia Gazzola continua oggi con la stesura di avvincenti trame ispirandosi, nello stile, a quella letteratura che definisce il suo faro, la chick lit.

I suoi libri, venduti in tutta Italia, hanno conquistato anche l’estero, venendo tradotti in oltre 6 lingue e approdando persino nel paese del Sol Levante, il Giappone. Ma quando una scrittrice come Alessia Gazzola capisce che è l’ora giusta per mettersi sulla tastiera?

Lo racconta a It’s Genio personalmente, confidandoci la sua giornata tipo, le sue abitudini di scrittura e le fonti di ispirazione che la aiutano a dare forma ai suoi personaggi e romanzi.

ok alessia gazzola 2021, ph yuma martellanz-3565

Qual è il momento della giornata in cui preferisci scrivere? 

“Io sono obbligata a scrivere di mattina - e si dice che il mattino ha l’oro in bocca - però io ci metto veramente tanto a carburare..quindi mi rendo conto che a volte la mattina è il lavoro davvero più frustrante, perchè mi ritrovo a concepire la composizione della scena (chi c’è, dove e cosa si diranno), però prima che davvero la riesca a mettere a fuoco e che funzioni ci vogliono ore di lavoro. Mi ritrovo a essere in realtà molto più concentrata e nello spirito della scena la sera, ma di sera non sempre posso scrivere per ragioni di esigenze familiari. È un continuo inseguirmi alla ricerca del momento migliore…che poi, veramente, qual è?”

Preferisci scrivere a casa, all’aperto o magari, ancora, nei bar?

“Nei bar no, mi sento estremamente osservata. Ho bisogno di molta privacy per scrivere, ragione per cui anche in aereo per me sarebbe impossibile perché gli spazi sono troppo stretti…mi vedrei il vicino a cui, anche inevitabilmente, cade l’occhio su quello che sto scrivendo e potrei morire! Io mi indispongo anche se qualcuno, magari, entra nella stanza per prendere qualcosa… abbasso immediatamente il monitor del computer, proprio d’istinto! Mi piace anche cambiare scenario, credo che aiuti molto la fantasia e l’immaginazione e quindi, per esempio, un posto dove mi trovo bene a scrivere, che non sia il mio studio, sono le biblioteche, ecco. Allora di tanto in tanto quando sono proprio in crisi creativa vado a scrivere in biblioteca”. 

Quanto la quotidianità ti ispira e quanto, invece, crei e modelli a tuo piacimento fino a ottenere il mix perfetto per i tuoi romanzi? 

“Ma direi che la quotidianità cerco di tenerla un po’ al di fuori, di separare molto la mia vita personale, quello che succede nella mia quotidianità e nei rapporti con gli altri… tendo sempre a tenere i due comparti assolutamente ben separati.

È inevitabile, comunque, che il mio universo emotivo del momento generi uno stato d’animo all’interno del libro. Quindi diciamo che nei miei libri non succedono cose autobiografiche, mai. Però magari, molti dei miei pensieri, che produco in una determinata circostanza, finiscono all’interno del libro in tutt’altro momento vissuto dai personaggi”.

E la cronaca invece?

“La cronaca non la faccio mai entrare all’interno dei romanzi, che però (almeno non quello che sto scrivendo adesso) cercano di essere molto contemporanei. Per esempio “Una piccola formalità” è pieno di rimandi al momento storico in cui si svolgono i fatti, sia per quanto riguarda la parte in cui i protagonisti andavano a scuola - parliamo del 2006 - sia nella parte del presente, era il 2022 quando l’ho scritto e quando si svolgono i fatti e ci sono moltissimi rimandi alla contemporaneità. Lì è pieno rispetto a quelli che erano i trend del momento, ed era funzionale perchè Rachele faceva la giornalista e quindi doveva avere le antenne ben dritte per cogliere come un radar quello che succedeva in quel momento”. 

Prima di scrivere del luogo in cui i tuoi personaggi si muovono e sviluppano la loro storia, ne scegli uno che conosci come le tue tasche o ti lasci trasportare dall’immaginazione fino a sceglierne uno che non conosci? 

“Non esiste una regola fissa, ho fatto un po’ di tutto nei miei romanzi. A volte ho scelto luoghi che conoscevo molto bene, per esempio in “Costanza” ho scelto Verona, che è diventata la mia città d’adozione.

Altre volte no, per esempio quando ho scritto “Un tè a Chaverton House” non sono mai stata nel Dorset, purtroppo…e quindi sono andata di immaginazione e ricostruzione attraverso foto, libri, film e ho cercato di partire da lì. Altre volte invece i luoghi li ho inventati, ad esempio l’isola di Levura, che ho descritto in “Lena e la tempesta”, è un luogo inventato da me, non esiste anche se so che è capitato che i lettori lo cercassero…in realtà è un’isola che è un po’ a metà tra le Egadi e le Eolie”. 

Ti è mai capitato di esplorare una città o anche solo un edificio per le tue storie? 

“Assolutamente sì e ben più di una volta! Anzi in realtà sono le case a smuovermi qualcosa. Ad esempio, tornando a “Lena e la tempesta”,  l’ispirazione mi è venuta proprio quando ero a Panarea e ho fotografato un sacco di case che potevano essere la casa di Lena. 

L’estate scorsa sono stata a Biarritz e avrei ambientato un romanzo in almeno 5 case che ho visto… Quindi sì, i luoghi sono sempre co-protagonisti… però è un qualcosa che ho sviluppato più col tempo, non già dai miei esordi: è una sensibilità che ho scoperto in me andando avanti con il tempo. Non vale più di tanto con L’allieva, in cui cercavo uno sfondo molto neutro,  una Roma molto metropolitana perché volevo quel tipo di sfondo, della città molto rumorosa e trafficata. Potevo scegliere tra Roma, Torino e Milano, ma alla fine ho scelto Roma perché era quella che conoscevo meglio”. 

Questione di Costanza_COVER

Lo stile a cui ti ispiri è il chick lit. Hai sempre letto questo genere o in realtà il tuo preferito è un altro?  

“Ma io direi che resta sempre la chick lit il mio faro! Nel senso che ne leggevo veramente tantissima quando ho iniziato a scrivere L’allieva, e difatti anche quelli sono romanzi davvero molto simili a quel genere, solo che la mia protagonista anziché lavorare nel mondo glamour, della moda, del giornalismo e via dicendo lavorava in obitorio! Insomma, era anche questa, forse, la trovata brillante del motivo per cui L’allieva ha avuto il successo che ha avuto, perchè era un chick lit ambientato, appunto, in obitorio. 

Non posso dire che sia il mio genere preferito perché ne amo anche tanti altri, mi considero una lettrice molto onnivora e rispondo all’esigenza del momento. Nell’ultimo periodo devo dirti che ho riscoperto il giallo classico, il meccanismo a rompicapo della camera chiusa…tu hai un tot di personaggi riuniti in uno stesso ambiente e scappa il morto e chi è stato di loro? Tutti hanno potenzialmente una buona motivazione … qual è la più forte di tutto? Poi amo tanto anche i romanzi d’amore… sono totalmente onnivora!”.

Scorrevoli, vivaci e da divorare una pagina dopo l’altra, i romanzi di Alessia Gazzola si trovano ormai sulle mensole di quasi tutte le case dello stivale e non solo. Inoltre, la sua brillante penna ha dato modo di far vivere i suoi personaggi anche sul piccolo schermo: L’allieva si è infatti meritata un posto in prima serata sulla Rai dal 2016 al 2020 e, proprio in questo periodo, l’autrice sta lavorando alla messa in onda di una nuova serie tratta dal romanzo Questione di Costanza, che vede come protagonista Costanza, una dottoressa dell’Istituto di Paleopatologia. Ma oltre alla serie anche un nuovo libro in cantiere, su cui Alessia preferisce, ancora per po’, mantenere il silenzio…unico indizio? Sarà ambientato in un’epoca passata.