Gabriele Modica è un fotografo e artista palermitano nato nel 1994. Con una solida formazione in graphic design presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, Modica ha saputo sviluppare un percorso artistico unico, che fonde la fotografia con la pittura e il design. Le sue opere, spesso ispirate a grandi maestri come Mirò e Kandinskij, esplorano temi legati all’equilibrio e alla percezione sensoriale. Tra i suoi progetti più noti vi sono "Equilibrio", una serie fotografica dove le forme geometriche si fondono con l’idea di precarietà, e "Tocco", un'installazione sonora interattiva che rappresenta una nuova frontiera dell'espressione artistica.
Gabriele, come hai iniziato a lavorare nel mondo della fotografia e dell’arte?
La fotografia è stata il mio primo approccio artistico. Inizialmente lavoravo come fotografo di eventi e intrattenimento, ma sentivo il bisogno di esplorare qualcosa di più profondo. Così, parallelamente alla mia attività fotografica, ho iniziato a sviluppare progetti personali che mescolassero fotografia, grafica e pittura. È stato in questo percorso che ho trovato il mio stile: un linguaggio visivo che non è facilmente definibile, ma che stimola lo spettatore a interrogarsi su ciò che vede.
Nel tuo progetto fotografico “Equilibrio”, le forme geometriche e il concetto di equilibrio sembrano essere al centro della tua ricerca. Come si sviluppa questa idea e come sei arrivato a questa sintesi tra tecnica e concetto?
"Equilibrio" nasce in un periodo molto particolare, durante il lockdown del 2020, quando tutti ci siamo trovati in una condizione di incertezza e sospensione. L'idea dell’equilibrio, che già mi affascinava da tempo, è diventata improvvisamente centrale, non solo a livello concettuale ma anche personale. Le forme geometriche – cerchi, quadrati, triangoli – sono simboli universali, semplici e immediati, che uso per rappresentare la condizione umana. All’inizio, il progetto era più che altro una ricerca tecnica: fotografare materiali diversi, come plastilina e cartone, con colori piatti e saturi, creando composizioni che sembravano quasi digitali, come se fossero elaborate in 3D. L'obiettivo era giocare con la percezione dell'osservatore, farlo chiedere se quello che aveva davanti fosse una fotografia o una grafica. Questa ambiguità visiva mi intrigava molto.
Con il tempo, però, ho sentito il bisogno di andare oltre l’aspetto puramente tecnico e di aggiungere una dimensione concettuale. L’equilibrio, infatti, non è solo una questione di bilanciamento formale, ma racchiude un mondo di emozioni e tensioni. Nei miei lavori, i cerchi sembrano in procinto di cadere, i quadrati inclinarsi, creando una costante sensazione di instabilità. Questo riflette il nostro rapporto con l’equilibrio, che è sempre fragile e precario. Ho voluto esplorare anche il lato emotivo dell’equilibrio: l’ansia di un possibile “salto nel vuoto”, l’incertezza che spesso ci accompagna nella vita quotidiana. Le mie opere mirano a catturare questo momento di sospensione, quel preciso istante in cui tutto sembra potersi destabilizzare.
Come vedi il rapporto tra l'arte e lo spazio in cui è collocata, e quale importanza attribuisci a questo legame nella tua opera?
Lo vedo come un rapporto necessario. La mia esperienza nel fotografare interni e design ha contribuito a plasmare questa ricerca. Fotografando oggetti di arredamento minimalista, notavo come certi elementi si fondevano perfettamente con l’ambiente, creando una sensazione di completamento. Questo stesso concetto l’ho traslato nelle mie opere: volevo che le mie composizioni di forme geometriche, nonostante la loro apparente semplicità, regalassero la stessa sensazione di armonia e chiusura. Un quadro che viene appeso non è solo un pezzo decorativo, ma qualcosa che completa uno spazio, che regala una sensazione di benessere a chi lo vive quotidianamente. Questa idea mi ha portato a riflettere su come l’arte possa essere più che una semplice visione momentanea – come spesso accade nelle gallerie – e diventare parte integrante di uno spazio vissuto.
Oltre alla fotografia, hai anche esplorato l’installazione sonora con il progetto "Tocco". Cosa puoi dirci a riguardo?
"Tocco" è un progetto di sound installation che parte dal concetto di tatto e percezione. Ho sempre visto la fotografia come un modo per percepire visivamente la realtà, ma con “Tocco” ho voluto esplorare anche il suono come mezzo di connessione sensoriale. L’idea è emersa da un’intuizione avuta durante una visita a collezionisti in Francia nel 2022. Osservando le opere, mi sono reso conto della differenza di esperienza tra vedere quadri e sculture e il potere che queste opere hanno quando ci si gira attorno o si entra nel loro spazio.
Questa consapevolezza mi ha portato a riflettere su come le persone potessero interagire con l'arte. Mi sono chiesto: “Come posso spiegare un'opera a un daltonico o a una persona non vedente?” Da qui, ho avviato una ricerca sul linguaggio del colore e ho scoperto che era possibile associare un colore a un suono. Così, ho iniziato a sperimentare con la semiotica e la sinestesia, creando opere che potessero comunicare a tutti in modo inclusivo. Il primo prototipo del progetto comprendeva tre colori: grigio, rame e ottone, e presentava pannelli elettricamente carichi che, quando toccati, attivavano un circuito che faceva passare energia, rendendo l'interazione fondamentale per l'opera stessa.
Le reazioni del pubblico sono state sorprendenti: la gente è rimasta colpita dalla possibilità di toccare l'arte, il che ha generato stupore e riflessione.
Qual è l'aspetto che ti intriga di più della tua opera TOCCO?
L'aspetto che mi intriga di più è il fatto che il fruitore diventa parte integrante dell'opera stessa. È toccando i pannelli che si chiude il circuito elettrico, permettendo così al suono di emergere. Questa interazione crea un'esperienza unica e partecipativa, dove ogni visita diventa un momento di connessione tra l'arte e lo spettatore. L'opera non è solo da osservare, ma da vivere e ascoltare, rendendo il pubblico co-creatore della sua essenza.
Come intendi portare avanti questa ricerca sull’equilibrio e sulla percezione sensoriale?
Adesso che, da Lisbona, sono tornato a vivere nella mia Palermo voglio continuare a esplorare l'interazione tra l'opera e l'ambiente, sperimentando con materiali, luci e forme per creare composizioni che continuino a sfidare la percezione dell’osservatore. L'equilibrio resta un tema centrale, non solo come concetto visivo, ma anche come esperienza fisica e mentale.