Lo Squalo dello Stretto si racconta

Lo Squalo dello Stretto si racconta

Intervista al campione su due ruote Vincenzo Nibali

Conosciuto come lo Squalo dello Stretto, Vincenzo Nibali è un volto iconico del ciclismo su strada. Classe 1984, nasce il 14 novembre, lo stesso giorno dei grandi Vittorio Adorni e Bernard Hinault, con un destino praticamente già scritto nelle stelle.

A Messina, la città che si trova all’incrocio tra i due mari, il Tirreno e lo Ionio, fa le sue prime pedalate: “I primi ricordi in bici sono quelli di una salita che si trova nel paese di mia mamma, Venetico Superiore, vicino Messina. Le prime pedalate ricordo di averle fatte proprio lì… però non è mancata nemmeno la mia città, soprattutto nella zona della passeggiata al mare, nello specifico nel piazzale Batteria Masotto vicino alla fiera e alla villa Mazzini. Le prime gare, invece, sono arrivate più tardi”.

Nibali_2

Quando si rende conto che la bici poteva essere qualcosa di più che un gioco?

“Me ne sono accorto quando sono andato in Toscana. Per me è sempre stato un divertimento alla fine. L’approccio alle corse è anche arrivato tardi, nelle categorie giovanili. Avevo già 12 anni, mentre ormai corrono già a 6-7 anni”.

L’atleta vede nel suo palmarés da record la vittoria dei tre Grandi Giri, che lo rendono uno dei soli sette ciclisti al mondo ad aver compiuto l’impresa: Vuelta a España nel 2010, Tour de France nel 2014 e Giro d’Italia nel 2013 e nel 2016. Già adolescente, viene scoperto da Carlo Franceschi e Bruno Malucchi, rispettivamente Direttore Sportivo e Presidente del Team Mastromarco, che lo invitano a trasferirsi nei pressi dell’omonima cittadina in Toscana, per guidarlo nella sua formazione umana, scolastica ed ovviamente ciclistica.

Continua la sua esperienza e formazione al di fuori della Sicilia. Com’è andata?

“Facevo parte della categoria Juniores, che va dai 17 ai 18 anni circa, e inizialmente andai a vivere in casetta, un’abitazione dedicata ai ragazzi del team, insieme a Carmelo Materia, un altro ragazzo siciliano. Poi, quando Materia lasciò mi trasferì a casa di Carlo, e li respirai un ambiente molto più familiare, mentre intanto frequentavo la scuola a Empoli”.

Nibali_3

Il DS Carlo Franceschi diventa presto una figura fondamentale per Vincenzo, quasi come un secondo padre, tanto orgoglioso quanto puntiglioso al punto da spingerlo a fare sempre del suo meglio. Bruna invece, la moglie di Franceschi, rappresenta il lato materno, pronta a concedergli una carezza in più. Il loro legame sarà profondo a tal punto che la primogenita del ciclista si rivolgerà alla coppia toscana chiamandoli “nonni”. Intanto, la famiglia di Vincenzo cominciava a essere sempre più allargata, tanto che sarà proprio a Mastromarco che nascerà il suo fan club, vicino a lui sin dagli arbori.

Dalla Toscana in poi Vincenzo spicca il volo collezionando una vittoria dopo l’altra. Durante la sua carriera da professionista, infatti, Nibali colleziona un totale di ben 54 vittorie, ad esempio, le due Tirreno-Adriatico nel 2012 e 2013 e tra le Classiche, l’ambita Milano-Sanremo nel 2018 e ben due Giri di Lombardia, prima nel 2015 e poi nel 2017.

Quali sono i suoi ricordi più belli e qual era, invece, la vittoria che sognava da bambino?

“Indubbiamente i miei ricordi più belli sono il Giro d’Italia, la Milano-Sanremo e il Giro di Lombardia… e la vittoria che sognavo da piccolo era proprio il Giro d’Italia, ma forse anche la Parigi-Roubaix che, poi, però non ho mai fatto in vita mia. Il Tour de France, invece, lo snobbavo quando ero nelle categorie giovanili, non lo guardavo…perchè d’estate correvo, mi allenavo il pomeriggio e per questo il Tour era proprio la gara che seguivo di meno. Mentre il Giro d’Italia mi capitava di vederlo molto spesso, era in un periodo in cui quando uscivi da scuola, tornavi a casa e lo trovavi in tv. Rispetto al Giro, pedalare al Tour è stato più “vorticoso” e ho anche meno ricordi.

È chiaro però che la medaglia olimpica avrebbe avuto un valore diverso e particolare, ma da ragazzino pensavo al Giro, alle corse a tappe”.

Che ci dice invece dei gregari? Per esempio è stato uno di loro, Valerio Agnoli, a presentarle sua moglie Rachele Perinelli.

“Dipende…con ogni gregario si ha un rapporto differente, perché ognuno ha il proprio carattere e quindi ti esprimi in modo diverso: con qualcuno sei un poco più freddo, con un altro hai più un rapporto fraterno. E a volte il gregario potrebbe essere un amico che capisce la situazione, o un campione che non riesce a emergere, o che anche mentalmente non riesce a fare quello scatto…oppure ancora il campione che si rimette in quei panni, come Scarponi, per esempio. Ricordo che durante la mia vittoria al tour, non erano solo gregari, andavano forti tutti quanti.

E per quanto riguarda Valerio sì, confermo il misfatto!”

E dopo le ultime gare e l’esperienza in Astana finalmente le altre tue passioni: i motori, che si tratti di moto, auto o camper…

“In realtà anche di macchinine a benzina telecomandate, anche se adesso sono in fissa con le auto storiche…mi piacerebbe in futuro averne una collezione, la mia preferita è la Lancia Martini. Poi amo le Porsche moderne, ma questo è risaputo…possiedo anche un’azzurrissima Vespa Primavera!

Il campione si congeda lasciandoci con una frase volta a invogliare i giovani a praticare lo sport, qualunque esso sia:“Lo sport è fondamentale per imparare a fare gruppo e a lavorare insieme agli altri. Per la propria formazione di persone e per aprire la propria mente. Lo sport aiuta a scaricare le energie e fa riflettere”.